È vero che utilizziamo solo il 10% del cervello?

Il 10% del cervello: separare i fatti dalla finzione e rivelare la neuroscienza

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Il mito secondo cui utilizziamo solo il 10% del nostro cervello esiste da anni, vieni a scoprire cosa dice la scienza al riguardo

Il mito quello usiamo solo il 10% del cervello è un'idea intrigante e duratura che da tempo cattura l'immaginazione delle persone. Tuttavia, questa convinzione non regge di fronte alla moderna ricerca scientifica. In questo articolo approfondiremo le origini del mito, esploreremo ciò che le neuroscienze hanno da dire ed esamineremo le implicazioni di questo mito per la nostra comprensione del potenziale del cervello.

Origini storiche e propagazione del mito

Ma come è iniziato? Secondo Paolo Jubilut, professore di biologia e proprietario di un canale YouTube con oltre 3 milioni di follower, "Non sappiamo se questa falsa affermazione significhi che su dieci cellule cerebrali solo una funziona. O se è attivo solo un decimo della massa cerebrale. Ma nessuna di queste ipotesi è corretta..

Il mito secondo cui usiamo solo una piccola parte del nostro cervello risale alla fine del XIX secolo, sebbene sia stato attribuito a figure di spicco come Albert Einstein, non esiste una solida base scientifica per questa affermazione. Il mito persiste a causa di una combinazione di interpretazioni errate e un pizzico di sensazionalismo, diffondendosi attraverso libri, film e cultura popolare.

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Il mito sull’uso del cervello esiste da anni (Crediti immagine: West Magazine)

Due famosi esempi di film che propagano questo mito sono Nessun limite (senza limiti) e Lucy. Nel primo, da protagonista Bradley Rame, il personaggio principale è uno scrittore che si ritrova in un momento di frustrazione e si trova di fronte all'opportunità di utilizzare una pillola che aumenta la capacità cerebrale centinaia di volte. Già dentro Lucy, con protagonista Scarlett Johansson, il personaggio attraversa un'esperienza di pre-morte che la porta a iniziare a utilizzare gradualmente "una maggiore percentuale del suo cervello". Entrambi i film sono belli e di grande intrattenimento, ma diffondere l'idea che usiamo solo il 10% del cervello è qualcosa di reale.

Esplorare la realtà neuroscientifica

Attualmente, neuroscienze presenta una forte confutazione al mito del cervello del 10%, con prove sostanziali provenienti da una serie di studi avanzati di imaging cerebrale. Metodi come risonanza magnetica funzionale (fMRI) e il tomografia ad emissione di positroni (PET) fanno luce sulla complessa attività neurale che si svolge nel nostro cervello.

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Anche durante il sonno utilizziamo il 100% del cervello (Crediti immagine: Escola da Informação)

Anche durante stati di riposo come il sonno, queste tecnologie rivelano che più regioni del cervello rimangono attive in modo coordinato e sincronizzato. La consapevolezza che diverse parti del cervello lavorano insieme per eseguire funzioni specifiche, che vanno dai processi cognitivi alle risposte sensoriali e al controllo motorio, mina direttamente l’ipotesi che considerevoli aree del cervello rimangano inattive.

Conseguenze e malintesi derivanti dallas “il 10% del cervello”


La diffusa accettazione del mito del cervello del 10%. comporta implicazioni significative, riverberandosi in impatti potenzialmente dannosi. La forte credenza in questo malinteso tende a sottovalutare la complessità intrinseca del cervello umano, portando in secondo piano la comprensione della sua reale capacità multiforme. Una concezione così limitata può, a sua volta, inibire la piena esplorazione delle potenzialità cerebrali, privandoci dell’opportunità di svelare nuove frontiere della conoscenza e della realizzazione personale.

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Questo mito è già stato utilizzato come mezzo per vari tipi di truffe (crediti immagine: ER of Texas)

Oltre all'aspetto limitante, il mito del cervello del 10% è stato manipolato per scopi commerciali e terapeutici discutibili. La commercializzazione di questa nozione distorta è servita come base per la promozione di una serie di prodotti e terapie che pretendono di sbloccare il potenziale inutilizzato del cervello umano. Questo sfruttamento opportunistico non solo può deviare risorse preziose, ma anche minare la fiducia nelle pratiche scientificamente fondate, creando un ambiente favorevole ad approcci dubbi che mancano di convalida empirica, portando così le persone prive di questa conoscenza ad acquistare questi prodotti “dubbi”.

Tutto il potenziale del cervello umano

Al posto di rimanere intrappolati nel mito, diventa imperativo adottare un approccio che valorizzi il pieno ed esaustivo potenziale del cervello umano. La plasticità cerebrale, il fenomeno mediante il quale il cervello è in grado di ristrutturare le proprie connessioni neurali in risposta agli stimoli e all'apprendimento, emerge come prova tangibile della sorprendente malleabilità e adattabilità di questo straordinario organo.

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Non ci sono limiti alla quantità di conoscenza che possiamo assorbire (Crediti immagine: PsyPost)

Piuttosto che restringere i nostri orizzonti di comprensione, è fondamentale abbracciare l’idea che ciascuna regione del cervello svolge un ruolo intrinseco nella nostra complessa capacità di ragionare, provare emozioni e dirigere le azioni. Riconoscere e coltivare questo intricato mosaico di attività cerebrali è un approccio che promuove la massimizzazione del nostro potenziale intellettuale ed emotivo.

Conclusione

Il mito del 10% del cervello, nonostante la sua persistenza, non resiste al rigore scientifico e all'analisi dettagliata fornita dalle moderne neuroscienze. Questo articolo ha percorso le tracce della sua origine storica, ne ha svelato gli errori ed esplorato le implicazioni che potrebbe avere sulla nostra comprensione del potenziale del cervello.

Comprendere la complessità e l’ampiezza dell’attività cerebrale, resa possibile dalle tecniche avanzate di imaging, sfida direttamente l’idea che ampie parti del cervello rimangano inattive. Ogni regione del cervello svolge un ruolo unico e vitale nel contribuire alla ricchezza delle nostre esperienze cognitive, sensoriali e motorie.

Inoltre, riconosciamo che la diffusione di questo mito può avere conseguenze negative, dalla sottovalutazione del cervello umano alla promozione di prodotti e terapie fuorvianti. Queste conseguenze evidenziano l’importanza di abbracciare una solida ricerca scientifica e di basare la nostra comprensione su fatti verificabili.

Vedi anche

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Fonti: Paolo Jubilut, Associazione per le scienze psicologiche

Recensito da Glaucone Vitale il 14/8/23.

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